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I volti diversi dell'Illuminismo
WILLIBALD SAUERLÄNDER

Jean-Antoine Houdon: Die sinnliche Skulptur/ La sculpture sensible, mostra presso la Liebieghaus Skulpturensammlung di Francoforte, dal 29 ottobre 2009 al 28 febbraio 2010; e presso il Musée Fabre di Montpellier, dal 16 marzo al 27 giugno 2010. Catalogo della mostra a cura di Maraike Bückling e Guilhem Scherf, con prefazione di Max Hollein e saggi di Bückling, Scherf, Olivier Zeder, Christoph Frank, Hans Körner e Heike Höcherl, Montpellier/Francoforte, Coédition Somogy/Musée Fabre et le Liebieghaus de Francfort, pp. 300, €39,00

Le idee dei filosofi, la raffinatezza della lingua e la sontuosità della moda francese hanno permeato gran parte del XVIII secolo. I dipinti francesi dell'età dell'Illuminismo risplendono sulle pareti dei grandi musei del mondo, da San Pietroburgo a New York. Che cosa sarebbe la Collezione Wallace senza Watteau o il Frick senza Fragonard?

E la scultura francese ha contribuito a definire quell'epoca in modo altrettanto significativo. Ne esistono esempi famosi in tutto il mondo: la statua di George Washington di Jean-Antoine Houdon, a Richmond, per dirne uno, o il monumento equestre a Pietro il Grande di Étienne-Maurice Falconet, situato sulle rive della Neva. Ma la piena ricchezza della scultura francese del XVIII secolo – vivace quanto eccelsa – è poco apprezzata al di fuori della Francia stessa.

Un motivo in più, questo, per apprezzare la decisione della Liebieghaus di Francoforte, in collaborazione con il Musée Fabre di Montpellier, di mettere insieme una sfavillante selezione di sculture francesi che vanno dall'epoca di Voltaire al Primo Impero. La mostra comprende sia statue di grandi dimensioni che sculture più piccole, tra le quali spicca uno straordinario gruppo di busti. Le sale della Liebieghaus non sono ampie e spesso non dispongono dello spazio sufficiente a rendere pienamente giustizia alla magia e al genio di queste opere d'arte. Ma, nonostante ciò, che esperienza straordinaria! Sembra quasi di entrare in un salotto parigino nel periodo di Madame du Deffand e ascoltare di nascosto le brillanti conversazioni dei philosophes.

Il culmine della mostra, che comprende circa quaranta opere, è rappresentato dalle sculture di Jean-Antoine Houdon (1741-1828), l'ultimo e forse il più grande scultore francese del XVIII secolo. La sua opera si distacca completamente dalla retorica panegirica del barocco. Tra il 1764 (anno in cui la Storia dell'arte antica di Johann Joachim Winckelmann forní all'Europa colta una nuova prospettiva sull'eredità dell'antichità classica) e il 1768, il giovane Houdon studiò all'Accademia di Francia, a Roma. Le balze e le parrucche del rococò andavano scomparendo rapidamente. Non vi è artista a cui la famosa frase di Diderot («A me pare che bisognerebbe studiare l'antico per imparare a guardare la natura»)2 si adatti meglio.

Il lungo filone di artisti francesi formatisi in base a un approccio all'arte di tipo prettamente teorico – filone che inizia con Poussin e al quale appartiene ancora uno scultore come Falconet – si conclude definitivamente con Houdon. Egli possedeva un talento naturale, che combinava un'intelligenza empirica con un sesto senso per i materiali e le fisionomie. Pur brillante, la sua opera è caratterizzata da un naturalismo disadorno che evita sia i fronzoli modaioli che il lacrimoso sentimentalismo di contemporanei come Jean-Baptiste Greuze e Samuel Richardson. Si è tentati di definirlo un fisiocrate della scultura.

Per la biblioteca della casa di un ricco consigliere reale, nell'affluente quartiere Faubourg Saint-Honoré, Houdon creò due statue che rappresentavano l'estate e l'inverno. Le stagioni, soggetto che in Francia assunse una certa valenza erotica nel periodo della marchesa de Pompadour, erano ancora popolari fra pittori, scultori, scrittori e compositori del XVIII secolo. Ma, nel caso di queste due statue, tale soggetto venne praticamente reinventato da Houdon.

Nella sua incantevole rappresentazione dell'estate, Houdon trasforma la Cerere dell'antichità in una graziosa giardiniera. Una ghirlanda di fiori e spighe di grano le adorna i capelli. Nella mano destra regge una falce e un fascio di spighe e papaveri; nella mano sinistra un semplice annaffiatoio. Al posto di una personificazione neoclassica, Houdon ci offre uno spiraglio sulla natura. Il volto affascinante della giovane donna somiglia a quello della sposa novella dell'artista, Marie-Ange Cécile Langlois.

Houdon non scolpí tutte e quattro le stagioni, ma solo estate e inverno. La sua sfida consisteva nel rappresentare il contrasto tra gelo e calore, tra fiori e brina. Cerere nei panni di una giardiniera si contrappone a Venere che rabbrividisce al freddo dell'inverno. Il suo corpo giovane e grazioso – si tratta forse ancora una volta di Marie-Ange Cécile? – è nudo, se si eccettua uno scialle che le copre la testa e le spalle. Per terra, ai suoi piedi, si trova un vaso incrinato il cui esterno è coperto da un velo di acqua versata ormai ghiacciata. In questo caso il catalogo della mostra analizza forse questa statua straordinaria in modo eccessivamente erudito. Fin dall'antichità, infatti, le figure tremanti sono incluse nelle rappresentazioni dell'inverno e la statua di Houdon in particolare sembra evocare una frase di Terenzio: «Senza Bacco e Cerere resta fredda Venere».2 Mademoiselle Inverno non rimpiange la propria innocenza perduta, ha semplicemente freddo!

La statua di Houdon che raffigura la dea Diana, protettrice della luna e della caccia, è ancora più celebre. Completamente nuda, essa regge in mano un arco e una freccia e volta la testa, come se guardasse qualcosa, mentre prosegue decisa per la propria strada. Diana, la cacciatrice nuda, era da tempo un soggetto estremamente popolare in Francia – si pensi al ritratto dell'amante di Enrico II, Diane de Poitiers, a Château d'Anet – e Houdon aderisce alla descrizione di Winckelmann dell'antica Diana. L'accuratezza con cui rende il suo corpo perfetto comprende persino un'esatta riproduzione della vulva. I guardiani della moralità dell'epoca andarono su tutte le furie, perdendo cosí di vista la singolare genialità di quest'opera unica: Diana, le cui grazie sono rappresentate nei minimi dettagli, è una dea casta. Con la purezza che infonde in questa statua, Houdon strappa la bellezza sublime del corpo femminile dal voyerismo erotico di Boucher o di Fragonard.

Ma è nei ritratti dei busti di marmo che la mostra raggiunge il suo apice. Le opere di Houdon sono circondate da busti eseguiti da altri scultori – Jean-Baptiste Lemoyne (che apparteneva alla generazione precedente), Augustin Pajou, Jean-Jacques Caffieri e, soprattutto, Jean-Baptiste Pigalle. Sebbene tra questi vi siano alcuni ritratti di notevole pregio, solo il busto di un anziano ma ancora vigoroso Diderot (1777) di Pigalle regge il paragone con i ritratti di Houdon, che supera predecessori e contemporanei non solo per l'abilità tecnica, ma anche per la sua capacità di ritrarre il carattere unico dei propri soggetti. Houdon fu il primo scultore a garantire a ciascun soggetto il diritto a una fisionomia tutta propria.

Una delle sue opere giovanili, il busto di una contadina di Frascati, realizzato quando era ancora in Italia, possiede già una purezza che rifugge lo sfarzo tipico dei ritratti degli esponenti dell'aristocrazia. Essa coniuga infatti il senso dell'antico di Winckelmann con una purezza naturale che ricorda Rousseau, anche se solo una volta tornato in Francia Houdon cominciò a creare i ritratti che fecero di lui il più grande iconografo dell'Illuminismo.

Il busto di Christoph Willibald Gluck è un'esplosione di fisiognomica, nella sua impietosa rappresentazione del volto collerico e butterato del compositore che conquistò Parigi. Nessuno aveva mai visto un'opera simile prima di allora. Houdon si era liberato di ogni forma di etichetta per mostrare il vero volto del genio, echeggiando l'articolo sul génie contenuto nell'Encyclopédie di Diderot.

Nel busto del grande naturalista conte de Buffon, la fiamma dell'intelletto si rivela attraverso la fredda facciata aristocratica, regalando al soggetto lo splendore di un essere umano libero. Altrettanto individualizzato è il busto del matematico Condorcet, un altro esponente dell'aristocrazia, che Houdon ritrasse con un'aria riservata e quasi timida. La letteratura francese possiede una ricca tradizione di descrizione del carattere morale dell'umanità, da parte di scrittori come Montaigne, o i moralistes o Henry de Saint-Simon. Houdon trasporta questa raffinatissima arte della caratterizzazione nel marmo, nel bronzo, nella terracotta e nel gesso.

A volte si ha l'impressione che lo scultore abbia quasi imposto il proprio stile ai suoi famosi contemporanei allo scopo di sfruttare la loro fama sia dal punto di vista artistico che finanziario. Nel 1778, quando l'ottantaquattrenne Voltaire fece ritorno a Parigi dopo decenni di esilio in Svizzera, Houdon scolpí immediatamente il suo busto, realizzandone poi diverse copie. Anche questo busto è incluso nella mostra: un ritratto di marmo senza parrucca, in cui tutti i segni dell'età – denti mancanti, occhi sprofondati nelle orbite – sono impietosamente visibili. Nessun tentativo viene fatto di celare l'aspetto reale e decrepito dell'uomo. Eppure l'instancabile agilità dell'esprit di Voltaire e la sua feroce ironia si rivelano con indisturbata vitalità dal volto in rovina. Sorride, e i suoi occhi sembrano brillare di un fuoco interiore – un effetto di cui Houdon era maestro.

Alla morte di Voltaire, Houdon scolpí una grande statua di marmo che raffigurava il celebre filosofo seduto su una sedia e avvolto in un'ampia vestaglia, o in un costume vagamente ispirato all'antichità classica. Voltaire è in posa formale, ma non siede su un trono reale. Egli occupa invece la poltrona del filosofo e sorride alla stoltezza del mondo come un novello Democrito. La mostra comprende una piccola versione in terracotta della statua, che appare più allegra e attraente rispetto al grande originale in marmo.

Houdon visse fino quasi alla metà del XIX secolo che, dal punto di vista artistico, fu una sorta di proseguimento dell'età dell'Illuminismo. Nel 1806 Napoleone, dopo essersi proclamato imperatore, posò per l'anziano scultore. Per grazia e autenticità, il busto creato da Houdon supera di gran lunga tutti gli altri ritratti di Napoleone, ma a quanto pare questa scultura dal carattere semplice e terreno non fu particolarmente gradita all'imperatore. Gli occhi sembrano essere lo specchio di tutti i suoi sogni. Nella ritrattistica, come nella vita, verità e potere raramente vanno d'accordo.

(Traduzione di Edmonda Bruscella)

1 . D. Diderot, "Dal Salon del 1765", in La teoria e la pratica dell'arte, a cura di A. La Torre, Roma, Bulzoni, 1976, p. 300.

2 . Publio Terenzio Afro, L'Eunuco, in Le commedie, Milano, Garzanti, 1989, vol. 1, atto IV, scena V, pp. 336-37.


WILLIBALD SAUERLäNDER è stato direttore dell'Istituto Centrale di Storia dell'Arte di Monaco di Baviera. È in pubblicazione un suo libro sulle pale d'altare di Rubens.

 
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