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Il genio silenzioso dei quanti
FREEMAN DYSON

GRAHAM FARMELO, The Strangest Man: The Hidden Life of Paul Dirac, Mystic of the Atom, New York, Basic Books, pp. 539, $ 29,95

Perché chi non è un fisico dovrebbe interessarsi a Paul Dirac? Dirac è interessante per le stesse ragioni per cui è interessante Einstein. Entrambi sono autori di scoperte significative che hanno cambiato il nostro modo di pensare. Ed entrambi erano esseri umani eccezionali di ferme convinzioni e con forti passioni. Oltre a queste importanti somiglianze, molti dettagli delle loro vite risultano curiosamente simili. Tutt'e due vinsero il Premio Nobel per la fisica, Einstein nel 1921 e Dirac nel 1933. Tutt'e due ebbero due figli e due figliastri nati dal precedente matrimonio della moglie. Tutt'e due da giovani ebbero un ruolo attivo nella comunità degli scienziati in Europa. Tutt'e due emigrarono negli Stati Uniti e in vecchiaia vissero isolati dalla comunità scientifica americana. La differenza principale tra i due risiede nel fatto che Einstein diventò una delle persone più famose al mondo, mentre Dirac rimase sconosciuto.

Einstein divenne straordinariamente famoso per molte ragioni. La principale è che amava essere famoso e divertiva il pubblico con affermazioni provocatorie che si guadagnavano i titoli dei giornali. Dirac non desiderava farsi pubblicità e non aveva un particolare talento per farlo. Scoraggiava i giornalisti curiosi rimanendo in silenzio. Su Einstein sono state scritte decine e decine di libri, su Dirac soltanto due: Dirac: A Scientific Biography di Helge Kragh, pubblicato nel 1990, e questa nuova biografia di Graham Farmelo. La biografia della Kragh è piena zeppa di equazioni e si rivolge soltanto agli esperti. Il fatto che Einstein fosse enormemente famoso e Dirac pressoché sconosciuto ha dato al pubblico un'impressione sbagliata sulle due rivoluzioni guidate da questi fisici. Il pubblico è informato di una delle due e giustamente ne attribuisce il merito a Einstein. È la rivoluzione che ha cambiato il nostro modo di pensare allo spazio e al tempo. La nuova modalità di pensiero si chiama relatività.

La seconda rivoluzione, che ebbe luogo dieci anni dopo, fu più profonda e trasformò il nostro modo di pensare a quasi tutto, non solo nella fisica, ma anche nella chimica, nella biologia e nella filosofia. Ha modificato il modo in cui pensiamo alla natura della scienza, alla causalità, al passato e al futuro, ai fatti e alle probabilità. Questo nuovo modo di pensare si chiama meccanica quantistica. La seconda rivoluzione fu diretta da un gruppo di una mezza dozzina di persone, tra cui Einstein. Non ebbe un unico responsabile. Ma il pensatore più puro e più audace della seconda rivoluzione è stato Dirac. Se si desidera dare un volto alla seconda rivoluzione, il volto più appropriato è quello di Dirac. Farmelo scrive che «in una delle sue imprese più grandi», Dirac organizzò «quello che era sembrato un matrimonio improbabile – tra la meccanica quantistica e la teoria della relatività di Einstein – sotto la forma di un'equazione di mirabile bellezza per descrivere l'elettrone. Di lí a poco, senza che qualche indizio sperimentale glielo suggerisse, usò la sua equazione per prevedere l'esistenza dell'antimateria, ossia di particelle fino a quel momento sconosciute con la stessa massa delle corrispondenti particelle di materia, ma dotate di carica opposta. Il successo di questa previsione è, per consenso generale, uno dei trionfi più rilevanti della fisica teorica».

Nel libro di Farmelo vediamo Dirac come un personaggio di un dramma umano, che porta tutta la sua parte di tragedia e di trionfo. È un personaggio strano come Einstein. È meno famoso perché preferiva combattere le sue battaglie da solo.

Il titolo, The Strangest Man: The Hidden Life of Paul Dirac, Mystic of the Atom, non è ben scelto. L'edizione inglese pubblicata da Faber and Faber ha un titolo migliore, in cui "Mystic of the Atom" è sostituito da "Quantum Genius". Mistico e genio non sono sinonimi. L'espressione «the strangest man» è una citazione da Niels Bohr, il grande fisico danese che nel 1926 invitò Dirac (allora ventiquattrenne) a visitare l'Istituto per la fisica teorica di Copenaghen, da lui diretto. Molti anni più tardi, Niels disse che Dirac era l'uomo più strano che avesse mai visitato il suo istituto.

Di certo la vita interiore di Dirac rimase sempre ben nascosta. Dirac non amava rivelare i propri pensieri, sulla scienza come su se stesso. Ma Bohr non disse che era un mistico e infatti non lo era. Era il contrario di un mistico. Nel suo lavoro, Dirac procedeva in modo diretto, saggiando diversi schemi matematici per descrivere il comportamento della natura. La caratteristica strana di Dirac non era il misticismo, ma una straordinaria concentrazione su un solo problema. Era silenzioso e riservato perché gli piaceva riflettere su un argomento alla volta. Nella scelta dei problemi su cui riflettere, era guidato dalla sua capacità di mettere da parte i fatti non pertinenti, di vedere chiaramente che cosa fosse o non fosse importante. Ai suoi occhi gli argomenti di cui parla la gente tutti i giorni erano per lo più privi d'importanza e quindi durante le conversazioni stava spesso in silenzio.

Anche se parlava poco di sé, Dirac conservò quasi tutte le lettere e i documenti ricevuti sin dall'infanzia da familiari e amici. Oggi l'intera raccolta fa parte dell'archivio Dirac dell'Università statale della Florida ed è accessibile al pubblico. Questa raccolta costituisce la solida base documentaria della biografia di Farmelo. Nonostante il leggendario silenzio di Dirac, la prima parte della sua vita è più conosciuta di quanto lo sia quella dei suoi contemporanei più loquaci. Farmelo inoltre ha intervistato tutte le persone ancora vive che avevano conosciuto Dirac, ottenendo anche descrizioni particolareggiate delle rare conversazioni in cui da vecchio Dirac parlò a lungo della sua giovinezza. Tra queste conversazioni, le più drammatiche sono state raccontate da Kurt Hofer, un biologo collega di Dirac all'Università statale della Florida. Farmelo inserisce la storia di Hofer all'inizio della biografia, sottolineandone l'importanza per la comprensione delle difficoltà di Dirac. La verità della storia è confermata da altri testimoni e da alcuni documenti.

Il padre di Paul era Charles Dirac, un professore svizzero che insegnava lingue moderne nella città inglese di Bristol. Era un insegnante capace, ma severo. La madre di Paul, Florence, era dominata dal marito, più vecchio di lei di dodici anni. Paul aveva un fratello maggiore, Felix, e una sorella minore, Betty. Stando al racconto di Hofer, il padre gli rendeva la vita impossibile, pretendendo che in casa parlasse solo in francese e punendolo per ogni errore di grammatica. Poiché parlare voleva dire essere punito, Paul prese l'abitudine di tacere. Charles tradiva abitualmente la moglie e la coppia si rivolgeva a stento la parola. Paul era vicino alla madre, Betty al padre e Felix a nessuno dei due. Il confronto con il brillante fratello era per Felix un motivo di intensa sofferenza. Quando Paul aveva ventitré anni e Felix venticinque, Felix si suicidò. All'epoca Paul era già scappato da quella casa piena d'odio, entrando con una borsa di studio al St. John's College di Cambridge. Quando parlò con Hofer cinquant'anni dopo, la sua avversione per il padre era ancora viva. Per citare le parole di Dirac: «Non ho mai conosciuto l'amore o l'affetto da bambino», e in riferimento al padre: «Non gli devo assolutamente nulla».

Nonostante questi tormenti interiori, Dirac aveva un talento notevole per l'amicizia. Il suo amico più intimo a Cambridge fu Pyotr Kapitza, il carismatico fisico sperimentale russo che in seguito vinse un Premio Nobel per la scoperta della superfluidità dell'elio liquido. Kapitza all'epoca viveva e lavorava in Inghilterra, ma trascorreva le estati in Russia. Dirac trascorse più volte lunghi periodi di vacanza in Russia con Kapitza e altri amici russi, scalando le montagne e godendo delle comodità del circolo elitario di Kapitza in Crimea. Dirac inoltre si cimentò nel lavoro sperimentale nel laboratorio di Kapitza.

Nel 1934 Stalin decise di trattenere Kapitza in Russia e gli proibí di tornare in Inghilterra. Dirac allora si recò in Russia per tentare una campagna per farlo uscire, ma non ebbe successo. Kapitza era depresso e Dirac rimase nella sua dacia per parecchie settimane per risollevare il morale dell'amico. Alla fine, si arrivò a un accordo: Kapitza sarebbe rimasto in Russia e il governo sovietico avrebbe pagato il trasporto di tutte le sue apparecchiature sperimentali da Cambridge a Mosca. In tal modo, Kapitza poté continuare le sue ricerche sperimentali in Russia come direttore del proprio istituto. Dirac e Kapitza continuarono a essere amici a distanza, e trent'anni dopo, a Cambridge, provarono la gioia di rivedersi. Kapitza era molto loquace e Dirac sapeva ascoltare, quindi erano ben assortiti.

Dirac fu amico fedele anche di molti altri pionieri della meccanica quantistica, in particolare di Niels Bohr e Werner Heisenberg. Pur non avendo simpatia per Hitler, Heisenberg era un tedesco patriottico e riteneva che ogni cittadino avesse il dovere di servire il proprio paese e condividerne il destino, quindi durante la seconda guerra mondiale rimase in Germania. Dopo la guerra, soffrí intensamente per l'ostilità di persone un tempo amiche che non lo perdonarono mai per aver diretto il "progetto uranio" della Germania, un tentativo fallito che non si avvicinò mai alla realizzazione di una bomba nucleare. Dirac si fece in quattro per mostrarsi amichevole nei confronti di Heisenberg, affermando che Heisenberg si era comportato in maniera ragionevole in una situazione estremamente difficile. Dirac aveva visto i suoi amici in Russia costretti a fare scelte difficili sotto un governo capriccioso e capiva sotto quali pressioni vivevano. «È facile essere un eroe in una democrazia», disse una volta.

Il talento di Dirac per le relazioni umane si manifestò nel modo più spettacolare nel suo matrimonio con Manci Balasz, che durò quarantasette anni, fino alla sua morte. Manci era una vedova ungherese piuttosto lunatica, abituata a uno stile di vita aristocratico. Dirac era un tipo tranquillo che amava la compagnia di persone socievoli ed estroverse. Dotati com'erano di caratteristiche opposte, i due erano ben assortiti, proprio come Dirac e Kapitza. Manci si prendeva cura di Dirac e gli organizzava la vita sociale. Dirac amava i figli e i figliastri, concedeva loro la massima libertà e lasciava che fossero se stessi, evitando il trattamento severo che lo aveva allontanato dal padre. Gli piaceva trascorrere molte ore a lavorare in giardino, coltivando fiori in tempo di pace e verdure durante la guerra. Gli piaceva ascoltare in silenzio mentre Manci e i suoi amici conversavano.

Dirac e Manci vissero insieme a Cambridge trentaquattro anni, per lo più in maniera amichevole. I dissapori più gravi derivavano dal fatto che Dirac amava la quieta routine di Cambridge, mentre la moglie la trovava noiosa. Stando alla leggenda, una volta Manci si infuriò mentre serviva la cena e disse al marito: «Che cosa diresti se ti lasciassi?». Dopo un intervallo di silenzio, Dirac rispose tranquillamente: «Ti direi "Addio, cara"».

Ho avuto il piacere di osservare personalmente Dirac seguendo le sue lezioni a Cambridge, come studente diciassettenne. Come era successo a Niels Bohr a Copenaghen quindici anni prima, mi sembrò strano. Era il 1941, il terzo anno di guerra per l'Inghilterra. A causa della guerra, il numero degli studenti era esiguo, ma Dirac teneva fedelmente lezione al suo gruppetto di ascoltatori ogni lunedí, mercoledí e venerdí mattina. Le sue lezioni consistevano per lo più nella lettura testuale del suo libro I principi della meccanica quantistica. Nell'introduzione, Dirac scrisse: «Ciò ha reso necessaria una rottura completa con la linea storica dello sviluppo, ma questa rottura ha il vantaggio di rendere l'avvicinamento alle nuove idee più diretto possibile». 1

In altre parole, Dirac presenta lo schema matematico astratto che descrive il comportamento della natura, senza spiegare la storia precedente delle idee della fisica da cui era emerso questo schema. A quell'epoca scrivevo una lettera alla settimana ai miei genitori, perciò ho un documento che attesta l'impatto delle sue lezioni. In una lettera del febbraio 1942, scrissi: «Dirac ha raggiunto un climax di difficoltà nella sua ultima lezione. [Un altro professore] ha promesso di invitarmi a un tè con Dirac il prossimo trimestre. Dirac è un uomo con cui mi dovrebbe piacere parlare… ma le sue lezioni sono come un disco su un grammofono e nessuno sembra conoscerlo minimamente».

Del tè con Dirac, se mai ebbe luogo, non vi sono altre tracce nelle mie lettere. Ma nove mesi più tardi partecipai a un altro tè, che registrai il 30 novembre 1942: «Erano presenti anche due giovani Dirac, di nome Gabriel e Judith. Gabriel ha diciassette anni ed è una matricola del St. John's; Judith ha quindici anni e studia a Cambridge. Sono ungheresi per educazione e sanno molte cose dell'Europa centrale; inoltre sono andati molte volte in barca a remi sul Danubio insieme al grande topologo von Neumann, che oggi in America è un personaggio quasi leggendario. Gabriel è un membro molto appassionato del partito comunista e cosí ha tenuto banco sin dall'inizio. Il giovane Dirac studia matematica, ma al momento è più interessato alla politica».

Gabriel e Judith erano i figliastri che si inserirono nella vita di Dirac quando sposò la loro madre nel 1937. Erano adolescenti straordinariamente brillanti e vivaci. Quando li incontrai al tè, stava infuriando la battaglia di Stalingrado e l'Unione Sovietica era il nostro valoroso alleato che affrontava il grosso dello scontro contro Hitler e non era raro che un adolescente intelligente fosse comunista. Dirac non era comunista, però era un fervente socialista. Era andato molte volte in Russia, dove vivevano alcuni dei suoi migliori amici, ed era stato accolto dal governo sovietico come un visitatore anche quando i suoi amici avevano problemi politici.

Sei anni dopo, quando arrivai per la prima volta all'Institute for Advanced Studies di Princeton, incontrai Dirac con le figlie, Mary e Monica, di otto e sei anni. Ecco la scena, datata 14 settembre 1948: «Quando visitai l'Istituto, c'erano più bambini che adulti, Dirac con la sua famiglia di lí a poco in partenza per l'Inghilterra e vari altri bambini che giocavano ai cowboy e agli indiani, e von Neumann con l'aria piuttosto incerta in mezzo alla confusione».

Questa scena vivace, con Mary e Monica che si inseguivano intorno al tavolo nel mezzo della sala comune dell'istituto, era molto diversa dalla seria formalità delle sale comuni dei college di Cambridge a cui eravamo abituati Dirac e io.

Quando Dirac si avvicinò al momento di andare in pensione dalla cattedra di Cambridge, Manci decise che era giunta l'ora di portarlo in America: Mary e Monica erano entrambe sposate e vivevano là e lei ne aveva abbastanza dell'Inghilterra. Manci portò Dirac a Tallahassee, dove abitava Mary, e il Dipartimento di Fisica dell'Università statale della Florida gli offrí un posto come eminente visiting professor. Dirac accettò l'offerta e visse gli ultimi tredici anni della sua vita a Tallahassee come un saggio rispettato e onorato dalla comunità, e con il passare degli anni divenne sempre più socievole e loquace. Manci ospitava con gioia una fiumana di amici americani che venivano per sfuggire agli inverni del nord e per parlare con il suo famoso marito. I due coniugi comprendevano l'uno i bisogni dell'altro e in vecchiaia raggiunsero una certa serenità.

Farmelo conclude il suo libro con due capitoli provocatori, intitolati "Sul cervello e sulla persona di Dirac" ed "Eredità". Ciascuno dei due solleva interrogativi interessanti, anche se forse sono domande a cui non si può rispondere. Farmelo offre delle risposte provvisorie basandosi sulle proprie opinioni. Spiegherò per quali motivi le risposte altrettanto provvisorie a cui sono giunto in base alle mie opinioni sono diverse. Il capitolo sul cervello e sulla persona di Dirac si domanda se il grande fisico fosse autistico. Fino a tempi recenti l'autismo era una malattia rara, caratterizzata da disturbi mentali che rendevano il paziente incapace di condurre una vita normale. Il sintomo principale era l'incapacità di stabilire relazioni sociali con altri esseri umani o di comprenderle, spesso accompagnata dall'incapacità di parlare o da un grave ritardo del linguaggio. Di solito il bambino autistico era ossessionato da attività ripetitive, resistente a qualsiasi cambiamento delle procedure abitudinarie e non interessato alla comunicazione con i familiari o gli amici.

Giudicato in base a questi criteri, chiaramente Dirac non era autistico. A mia moglie è sembrato un compagno amichevole e piacevole nelle loro passeggiate a Princeton. I suoi legami con gli amici fisici, tra cui Kapitza, Heisenberg e Bohr, furono intensi e personali. Ebbe rapporti di stretta amicizia con almeno tre donne prima di sposare Manci e normali relazioni paterne con i figliastri e le figlie. Se Dirac era autistico, allora la parola "autismo" deve avere un significato diverso.

Negli ultimi vent'anni il concetto di autismo è stato ampliato fino a comprendere una varietà molto maggiore di individui. Tra gli esperti si è scatenato il dibattito sui criteri per formulare una diagnosi medica. Per dare un riconoscimento ufficiale al più ampio significato del concetto di autismo si è introdotta l'espressione «disturbi dello spettro autistico». Di conseguenza, oggi l'autismo non è più raro e riguarda anche molte persone che possono avere un comportamento normale in società, ma hanno i sintomi classici dell'autismo in una forma più lieve.

Per essere autistici in questo senso più ampio, è sufficiente essere insensibili ai sentimenti degli altri, essere più interessati alle cose che alle persone ed avere un profondo interesse per cose che le persone normali trovano bizzarre. I disturbi dello spettro autistico comprendono un'ampia gamma di incapacità, da quella di individui muti e gravemente ritardati che languiscono negli istituti psichiatrici a quella di docenti universitari di talento che sono oratori eloquenti e hanno una vita professionale attiva. Un famoso esempio di soggetto autistico capace di grandi prestazioni è Temple Grandin, docente di ingegneria, autrice di parecchi libri ed esperta mondiale di progettazione di edifici e attrezzature per un trattamento del bestiame che tenga conto del benessere degli animali. Farmelo descrive due aspetti dell'autismo della Grandin – la sua sensibilità ai rumori improvvisi e la natura visiva dei suoi processi di pensiero – e per analogia ne deduce l'autismo di Dirac.

L'espressione "sindrome di Asperger" indica l'estremità detta "a elevata funzionalità" dello spettro autistico. Asperger era uno psicologo austriaco del secolo scorso che studiava i bambini socialmente inetti, ma intellettualmente acuti. Diversi genitori di mia conoscenza quando il loro bambino dotato sviluppa una passione per la pittura o la matematica sono fieri di sostenere che «ha un pizzico di Asperger». La sindrome di Asperger è diventata una particolarità più che una malattia. Se ogni bambino silenzioso, introverso e dotato di un raro talento ha un pizzico di Asperger, allora Dirac aveva senza dubbio un pizzico di Asperger. Se la sindrome di Asperger è compresa nello spettro autistico, la conclusione di Farmelo è giustificata.

Oggi la definizione di autismo si basa su sintomi malamente definiti e su giudizi medici per lo più soggettivi. Pertanto la diagnosi postuma di Dirac come individuo autistico o non autistico è una questione di punti di vista. In futuro, però, una diagnosi oggettiva potrebbe diventare possibile. Abbiamo prove schiaccianti del fatto che l'autismo è associato ad anomalie anatomiche del cervello ed è ereditabile. Quando queste prove neurologiche e genetiche saranno consolidate, la diagnosi di autismo basata sui sintomi potrà essere sostituita da una diagnosi basata sull'osservazione oggettiva del cervello e del genoma. In futuro, il giorno in cui si arriverà a comprendere nei dettagli le complessità del cervello e del genoma, forse sarà possibile formulare una diagnosi postuma attendibile della personalità di Dirac, a patto che si sia conservato qualche frammento di tessuto con il suo DNA.

Poiché l'era della diagnosi basata sul DNA non è ancora arrivata, la mia diagnosi provvisoria si basa su prove aneddotiche. Due episodi narrati da Farmelo mi sembrano prove convincenti del fatto che le particolarità di Dirac non avevano nulla a che fare con l'autismo. Sono episodi avvenuti prima che sposasse Manci e diventasse amante della vita domestica. Nel 1935 Kapitza e la moglie, che erano trattenuti in Russia mentre i loro due figli erano rimasti in Inghilterra, nominarono Dirac tutore legale dei ragazzi. Dirac se ne prese cura fino a quando raggiunsero i genitori in Russia. Mentre i ragazzi stavano con lui, in occasione del giorno di Guy Fawkes, l'equivalente inglese del 4 luglio, festeggiato tradizionalmente con falò e fuochi artificiali, Dirac organizzò per loro uno spettacolo pirotecnico.

Il secondo aneddoto riguarda un altro famoso fisico russo, George Gamow, anch'egli amico intimo di Dirac. Gamow era notoriamente un burlone. Era emigrato dalla Russia e si era stabilito a Washington con la moglie. Mentre era in viaggio in Florida, Dirac vide degli alligatori in vendita e decise di ripagare Gamow con la stessa moneta comprando un cucciolo di alligatore e spedendoglielo a Washington anonimamente in un pacco. Lo scherzo riuscí ancora meglio di quanto avesse immaginato Dirac. La moglie di Gamow aprí il pacco, fu ferita gravemente dall'alligatore e accusò il marito di essere l'autore dello scherzo. Dirac, che aveva preso due piccioni con una fava, lasciò passare un mese prima di confessare di essere il colpevole. Questi due episodi ci mostrano che a trent'anni Dirac era un giovane affettuoso nei confronti dei bambini e con un forte senso dell'umorismo, quindi non mostrava affatto l'egocentrismo patologico che è il sintomo fondamentale dell'autismo.

L'ultimo capitolo del libro di Farmelo riguarda l'eredità lasciata da Paul Dirac alle generazioni seguenti. È composta di tre parti: la prima sono le leggi di natura da lui scoperte nel suo periodo prodigioso, dal 1925 al 1933, la seconda è la dottrina della bellezza matematica che predicò per i restanti cinquant'anni della sua vita e la terza è l'avversione per l'interpretazione filosofica delle sue scoperte. Per gli scienziati praticanti, l'eredità principale di Dirac è la straordinaria raffica di scoperte da lui compiute da giovane. La sua eredità per i non scienziati non è molto chiara. Farmelo dà rilievo alla dottrina predicata da Dirac in seguito, secondo la quale la bellezza matematica è la chiave della verità scientifica. Al fine di scoprire le vere leggi di natura, chi ricerca la verità dovrebbe prestare attenzione alla bellezza astratta più che ai dettagli pratici. La bellezza e la semplicità delle leggi di natura si rivelano sempre nella matematica astratta. La seconda parte dell'eredità è riassunta nella frase che Dirac scrisse alla fine della vita: «Se sei ricettivo e umile, la matematica ti condurrà per mano».

La stessa dottrina della bellezza matematica è senz'altro bella e indubbiamente Dirac la giudicava vera. Non è però in buon accordo con i fatti storici. Durante gli anni prodigiosi delle sue grandi scoperte, il pensiero di Dirac si interessò più ai dettagli pratici e meno alla bellezza astratta. E nella seconda e lunga metà della vita, la dottrina della bellezza matematica che predicava non lo portò a nuove scoperte importanti.

Nella parte centrale della vita di Dirac, il grandioso edificio della fisica moderna delle particelle si sviluppò intorno a lui, via via che in rapida successione si susseguivano scoperte di nuove particelle e nuove simmetrie. La natura gli gridava di prestare attenzione alle sue rivelazioni. Ma il suo amore per la bellezza astratta gli diceva di tenersene lontano. Dirac ignorò le nuove scoperte di particelle e simmetrie, perché le giudicava troppo complicate, non abbastanza belle per essere vere. Invece di dare ascolto alla natura, le ordinava come comportarsi. Di conseguenza, la seconda metà della sua vita fu relativamente sterile.

Oltre alle scoperte e ai princípi estetici, Dirac lasciò una terza eredità, che io considero preziosa, a differenza di Farmelo. Si tratta del suo rifiuto di partecipare alle discussioni filosofiche sull'interpretazione della meccanica quantistica. Questi dibattiti filosofici, che nell'arco della vita di Dirac furono sempre numerosi e accaniti, dopo la sua morte hanno imperversato ancora di più. Dirac li considerava privi di significato e non vi partecipò mai. Come Galileo trecento anni prima, Dirac affermò che la matematica è il linguaggio parlato dalla natura. Quando sono espresse in equazioni matematiche, le leggi della meccanica quantistica sono chiare e prive di ambiguità. La confusione deriva dai maldestri tentativi di tradurre le leggi dalla loro espressione matematica al linguaggio umano.

Il linguaggio umano descrive il mondo della vita quotidiana e manca dei concetti che permettono di descrivere con precisione i processi quantistici. Dirac sosteneva che dovremmo smettere di discutere sulle parole, attenerci alla matematica e lasciare che la nebbia filosofica si diradi. A mio avviso, il disimpegno di Dirac dalle dispute verbali sul significato della meccanica quantistica è una parte essenziale della sua eredità. Come al solito, però, sono in minoranza.

(Traduzione di Simonetta Frediani)

1 . P. Dirac, I principi della meccanica quantistica, Torino, Bollati Boringhieri, 1976, p. XIV.


FREEMAN DYSON è professore emerito di Fisica presso l'Institute of Advanced Studies di Princeton. In Italia è conosciuto per: Lo Scienziato come ribelle (Longanesi, 2009); e Turbare l'universo (Bollati Boringhieri, 2010).

 
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